Anche i Derivati sono sotto accusa: due banche condannate a Como
I derivati sono strumenti finanziari complessi che, per la loro enorme diffusione sui mercati di capitali hanno finito per acquisire un ruolo di assoluta centralità nell’intera economia globale. Non sono titoli muniti di un proprio valore intrinseco bensì derivano il loro valore da altri prodotti finanziari, ovvero da beni reali alla cui variazione di prezzo essi sono agganciati.
Diciamo che i derivati possono assolvere tanto ad una funzione protettiva (ossia di copertura) da uno specifico rischio di mercato, quanto ad una finalità meramente speculativa, con un rischio fortemente sbilanciato a favore della banca. Proprio per questo, i contratti derivati bancari sono sempre più sotto indagine. È noto che questi sofisticati strumenti finanziari sono stati diffusamente collocati dalle banche e fatti sottoscrivere a innumerevoli clienti con la dichiarata finalità di tutelarli dal rischio di aumento di tassi di interesse, su un indebitamento in essere a tasso variabile.
Quindi anziché offrire al cliente la promessa garanzia di tutela dal rischio di tassi, finiscono con il procurare perdite anche considerevoli, che si aggiungono al debito che si ripromettevano di proteggere. Inoltre, assai frequentemente si riscontra che le banche omettono di informare il cliente, prima della sottoscrizione e con le forme che la legge impone, circa i rischi insiti nel contratto.
Per questo, moltissimi di questi contratti finanziari sono affetti da vizi e, ove impugnati, possono essere dichiarati nulli, con il conseguente obbligo della Banca a rimborsare al sottoscrittore le perdite subite e a risarcire i danni.
Nel comasco due aziende, la Milani Enrico S.r.l. di Brivio e la Capelli Arnaldo S.n.c. di Cavallasca, entrambe assistite dai professionisti di Antares, hanno avuto ragione nei confronti dei rispettivi Istituti di Credito che le avevano indotte a sottoscrivere i contratti.
Nel dettaglio, nel caso della Milani Enrico, azienda specializzata in viti e sistemi di fissaggio, il Collegio arbitrale ha rilevato che lo strumento finanziario, invece di offrire una copertura che la proteggesse in caso di rialzo dei tassi su mutui che la società aveva in essere con un’altra banca, ha generato ingiuste perdite in quanto al meccanismo di protezione se ne accostava uno prevalentemente speculativo. Inoltre, la banca avrebbe dovuto illustrare al cliente i rischi connessi alla operazione, evidenziando la natura complessa della stessa e consegnando il “documento sui rischi generali degli investimenti finanziari” così come imposto “dalla legge”. La Deutsche Bank è stata così condannata a risarcire il cliente con € 89.000,00 oltre interessi e spese.
La vicenda della Capelli, azienda artigiana di forniture e posa di apparecchiature idrauliche, è sostanzialmente simile. Il contratto derivato è stato dichiarato nullo per le sue oggettive e strutturali condizioni matematico finanziarie, che non sono state ritenute idonee a perseguire la funzione di copertura dichiarata e voluta dalle parti. In questo caso, Banca Intesa è stata condannata a restituire a Capelli circa € 60.000,00 oltre interessi e spese.